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Le evidenze statistiche sulle malattie oncologiche nelle donne e sui tassi di sopravvivenza offrono un quadro molto buono. Tra il 2015 e il 2021 (quindi in sei anni) la mortalità legata al cancro al seno è diminuita del 7% circa. Le donne che sopravvivono a una diagnosi di tumore fanno registrare un 34% in più rispetto a dieci anni fa.

I risultati della ricerca e della prevenzione

Tali risultati sono dovuti certamente alla ricerca, quindi alle terapie somministrate anche nelle fasi avanzate della malattia tumorale. Non solo, un ruolo rilevante lo ha svolto anche la pratica della prevenzione, in particolar modo gli screening periodici concentrati prevalentemente su alcune forme di cancro (quello che colpisce il seno e le malattie che attaccano la cervice uterina e le ovaie).

L’aumento dei tumori non prettamente femminili

In quest’ultimo caso (i tumori alle ovaie), i progressi sono in larga parte dovuti alle terapie. L’altra faccia della medaglia è rappresentata purtroppo dall’aumento, anche tra le donne, di forme tumorali non prettamente femminili. Malattie causate per lo più da uno stile di vita poco sano, abitudini dannose per l’apparato respiratorio (come il fumo di sigaretta) o per i reni. Sono cresciuti del 5% circa i tumori alla vescica e al polmone, anche tra i soggetti di sesso femminile. Ciò crea allarme nella comunità scientifica e pone la necessità di rilanciare campagne informative su queste tipologie di cancro.

Evidentemente l’informazione sulle forme di tumore cosiddette femminili ha funzionato e continua a funzionare; ragione in più per fare altrettanto rispetto agli altri tumori.

I dati statistici (diffusi dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica) sono evidentemente una fotografia di quanto accade in Italia; devono essere usati proprio per mettere in atto strategie preventive precise. La ricerca, è chiaro, ha una grande responsabilità e il suo impegno è fondamentale. Grazie ai ricercatori è stato possibile mettere a punto terapie sempre più mirate (come quelle a bersaglio molecolare), per curare il cancro alla mammella. Terapie che, in ogni caso, non sono prive di effetti collaterali. Come accade per tutti i farmaci.

I trattamenti per il cancro al seno

  • Radioterapia;
  • Chirurgia;
  • Chemioterapia;
  • Terapia ormonale;
  • Terapia mirata.

Le terapie a bersaglio molecolare o mirate

Sono farmaci che intervengono direttamente sui bersagli molecolari individuati all’interno delle cellule cancerose. La loro efficacia si combina alla sicurezza offerta al paziente, al loro minore impatto sull’organismo. Questi trattamenti sono infatti in grado di evitare completamente il coinvolgimento delle cellule sane, intervenendo esclusivamente su quelle colpite dalla malattia.

Vengono scelte solo in presenza, nel sangue o nelle cellule del paziente, di specifici marcatori diagnostici. In assenza di questi elementi, che rimandano direttamente ai bersagli molecolari, il paziente viene trattato con altro tipo di terapia.

È importante sapere che non esiste un unico trattamento, così come non esiste un’unica tipologia di cancro al seno. Le terapie a bersaglio molecolare si sono rivelate molto efficaci e meno impattanti sulla qualità di vita del paziente, rispetto ad altre. Tuttavia, anche gli altri trattamenti sono cambiati, negli anni, contenendo non poco i loro effetti tossici sui tessuti sani del paziente.

Gli effetti collaterali della chemioterapia

Essi cambiano a seconda del tipo di farmaco impiegato. Tuttavia, i più comuni sono quelli legati all’apparato gastrointestinale e a quello neurologico. Tra i più frequenti:

  • nausea e vomito (esistono dei farmaci che l’oncologo può prescrivere per contrastarli);
  • perdita o alterazione del senso del gusto e dell’olfatto (si possono contenere evitando i sapori forti);
  • inappetenza;
  • infiammazione del cavo orale con possibile formazione di ulcere alle mucose (anche in questo caso esistono farmaci che possono aiutare il paziente);
  • prurito e altri disturbi alla pelle e alle unghie (in questo caso sono molto utili le creme idratanti e protettive);
  • caduta dei capelli.

Alimentazione e integratori

Durante le terapie antitumorali potrebbe essere utile apportare qualche piccolo cambiamento all’alimentazione, avendo sempre cura di nutrirsi regolarmente e in maniera equilibrata. Sarà lo stesso oncologo a suggerire eventualmente quali cibi privilegiare e quali evitare.

Resta fondamentale, non solo per i pazienti oncologici, idratarsi regolarmente, quindi bere a intervalli regolari di tempo almeno 8-10 bicchieri di acqua al giorno. Così come fondamentale è assumere vitamine nelle giuste dosi e non farsi mancare il sonno di qualità.

A cosa serve l’AHCC®

Esistono inoltre integratori alimentari che possono aiutare a stare meglio, durante le terapie antitumorali. Uno dei più efficaci, secondo diverse ricerche e studi clinici, è l’AHCC®. Un supplemento naturale innovativo che nasce dal micelio del fungo Shiitake, molto usato nella medicina orientale.

L’integratore ha un brevetto esclusivo perché per la sua produzione si ricorre a una esclusiva tecnologia della Amino Up di Sapporo, città giapponese.

Il composto è altamente biodisponibile, significa che viene assorbito e utilizzato dall’organismo molto rapidamente, per le sue funzioni fisiologiche. In particolare, per il potenziamento del sistema immunitario e per le altre necessità per le quali il composto è stato formulato. È sempre utile consultare il medico prima di assumere qualunque integratore alimentare.

  • Rispetto alle terapie antitumorali che indeboliscono il sistema immunitario, l’AHCC® è in grado di ripristinare le sue normali funzioni. Rafforzando il sistema immunitario, AHCC® contribuisce a migliorare la qualità della vita (funzioni e prestazioni fisiche, stato psicologico e interattività sociale) in quei pazienti affetti da vari tipi di malattie correlate al sistema immunitario, tra cui alcune condizioni croniche e non curabili.
  • È ottimo anche nelle persone sane
  • Ha un’azione antitumorale
  • Riduce gli effetti collaterali associati a terapie oncologiche tradizionali quali chemioterapia e radioterapia (vomito, perdita dei capelli, affaticamento, calo dell’appetito, tossicità epatica e cambiamenti della formula del sangue) e aumenta anche l’efficienza di queste terapie.
  • È un composto disintossicante naturale del fegato. Migliora i sintomi di gravi patologie del fegato come l’epatite, l’epatite C (85% di riduzione del numero di virus in 3 mesi) e l’epatite fulminante. In casi di Epatite C esistono prove cliniche che indicano AHCC® come più efficace dell’interferone ricombinante. AHCC® gioca un ruolo importante anche nell’impedire all’epatite di evolversi in cirrosi.
  • Può contribuire a ridurre il livello degli zuccheri nel sangue, nelle persone diabetiche, e normalizza i livelli dell’emoglobina glicata aiutando, in questo modo, a prevenire l’insorgenza di complicazioni del diabete.


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