Quando si parla di farmaci o integratori naturali è molto importante conoscere il significato del termine “biodisponibilità”. In realtà, è un concetto chiave anche nell’ambito dell’alimentazione.
È la quantità di sostanza o principio attivo contenuto in un alimento, un farmaco o un integratore alimentare che l’organismo è in grado di assorbire, ovvero la sua misura, quella disponibile, la parte di alimento o integratore ingerita che il corpo usa per le sue funzioni.
Nel caso del cibo, i fattori che favoriscono o inibiscono la biodisponibilità dei suoi principi attivi possono essere diversi, possono sovrapporsi e creare una rete di interazioni che rende quel cibo scarsamente accessibile per l’organismo o immediatamente fruibile, in maniera efficace.
In effetti non ci si chiede mai quanta parte di quello che ingeriamo vada in porta, per utilizzare il linguaggio sportivo, cioè quanto di un alimento o di un integratore sia davvero in grado di raggiungere il distretto del corpo per il quale è stato studiato e messo a punto.
Quando un principio attivo è altamente biodisponibile, raggiunge la circolazione del sangue nel più breve tempo possibile, ma soprattutto ne entra a far parte restando inalterato. In altre parole, non subisce modifiche e riesce a raggiungere l’obiettivo più facilmente e con altissime percentuali di successo.
Nel caso del cibo, la biodisponibilità dipende dalle caratteristiche dell’alimento e da quelle dell’organismo. I fattori che possono contribuire a modificarla sono numerosi e si differenziano tra intrinseci (propri della persona) ed estrinseci (che riguardano i cibi). Nell’elenco che segue sono indicati, nell’ordine, i fattori intrinseci e quelli estrinseci.
Uno stesso nutriente può essere presente in più categorie di alimenti ma avere una biodisponibilità differente a seconda del cibo che lo contiene e di tutti gli altri fattori appena citati.
Per quel che riguarda i farmaci e gli integratori naturali, entra in gioco un altro elemento che influisce sulla biodisponibilità dei principi attivi. Si tratta della formulazione del prodotto e/o delle modalità di assunzione dello stesso.
Un farmaco che venga somministrato per via endovenosa raggiunge il massimo della biodisponibilità. Diversamente la modalità di assunzione orale è influenzata da numerosi fattori. Mentre nel caso dei cibi misurare la loro biodisponibilità è piuttosto complicato, nel caso di un farmaco o di un integratore le cose cambiano. Innanzitutto, negli integratori (come nei farmaci) le quantità di principio attivo sono certe, stabilite al momento della composizione. Per un cibo non abbiamo la possibilità di misurare con precisione quanto ferro contenga una porzione di spinaci, soprattutto perché non saranno assunti da soli, ma accompagneranno altri alimenti.
È quella che si ottiene confrontando diverse formulazioni dello stesso farmaco. Serve anche per stabilire, nel caso dei farmaci cosiddetti generici, quanto siano compatibili con il prodotto originale, proprio a livello di biodisponibilità. Prima di mettere in commercio un farmaco generico, deve esserne accertata la bioequivalenza con il farmaco originale: deve cioè essere accertata la stessa capacità di assorbimento e metabolismo con percentuali superiori all’80%.
Sono i cosiddetti Cmax e AUC. Essi offrono la possibilità di comprendere non solo quale sia la parte (la quantità) di principio attivo che ha raggiunto la circolazione sanguigna sistemica ma anche l’intervallo di tempo in cui quel principio agisce e rimane attivo.
È l’unico estratto di fungo (Shiitake o Lentinula Edodes) al mondo a base di α-glucano e con un peso molecolare bassissimo. Il suo brevetto è altamente innovativo, frutto della tecnologia giapponese. Il peso molecolare estremamente basso ne facilita l’assorbimento, i globuli bianchi lo assimilano rapidamente e la sua azione di potenziamento del sistema immunitario è immediata.
La sua assunzione incrementa di oltre il 30% l’attività delle cellule Natural Killer, quelle che entrano in azione contro le cellule tumorali e gli agenti patogeni, come i virus. AHCC® incide sulle prestazioni delle citochine; aumenta la produzione corporale d’interferone gamma e di interleuchine 1, 2 e 12. È in grado di inibire alcune citochine immunosoppressori e migliora l’equilibrio delle cellule Th1 e Th2.
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