La demenza frontotemporale è una malattia neurodegenerativa che riguarda il 10% circa dei casi di demenza. Il declino cognitivo cronico non ha un solo nome. Esistono diverse tipologie di demenza, possono essere riconducibili a patologie cerebrali o ad altre condizioni.
È bene fare una distinzione tra il deliriume la demenza. Nel primo caso, si tratta in genere di un fenomeno acuto che può essere dovuto, per esempio, alla tossicità di un farmaco. A essere colpita è la sfera dell’attenzione del soggetto coinvolto. Il delirium può essere reversibile.
La demenza non lo è. Si tratta infatti di un processo che, innescato da alcuni cambiamenti nella struttura cerebrale, avanza più o meno ‘lentamente’. Non è un processo che si manifesta in modo acuto. Al momento, sono disponibili farmaci che ne rallentano in parte la corsa.
Con questa espressione si fa riferimento a una categoria di malattie piuttosto rare, che interessano i lobi temporali e frontali del cervello. Nuovi studi offrono speranze ai pazienti con demenza frontotemporale e alle loro famiglie.
Non esiste una cura per questa malattia, ma sono in commercio dei farmaci che provano a rallentarne la progressione. Meno conosciuta della malattia di Alzheimer, la demenza frontotemporale ha occupato nelle ultime settimane le pagine dei giornali, cartacei e on line, per via di un paziente illustre affetto dalla malattia. Si tratta dell’attore Bruce Willis, del quale la famiglia ha recentemente diffuso video e foto relativi al giorno del suo compleanno. Nel video si vede chiaramente che i movimenti dell’attore non sono fluidi, come quelli di una persona in salute. Willis ha anche difficoltà nel parlare.
In alcuni casi possono comparire (in determinati momenti della malattia) altri sintomi: difficoltà nella masticazione, atrofia muscolare generalizzata, polmonite ab ingestis, e altri problemi. La polmonite ab ingestis si sviluppa in seguito a una infiammazione all’interno dell’albero broncopolmonare. La ridotta capacità di deglutizione delle persone con demenza frontotemporale può avere come conseguenza l’ingresso di cibo nell’albero e l’ostruzione delle vie respiratorie. La polmonite è una reazione all’ostruzione. Tra le demenze frontotemporali se ne distinguono diverse, a seconda della zona del cervello colpita.
Secondo le ultime evidenze scientifiche, un elemento da prendere in considerazione per individuare l’origine della malattia è la neuro-infiammazione. Questa premessa conduce sulla strada della sperimentazione di farmaci che riducano o modulino l’infiammazione delle cellule cerebrali.
Lo studio ha coinvolto un campione di cinquanta pazienti affetti da demenza frontotemporale. L’obiettivo: valutare la sicurezza e l'efficacia della somministrazione di co-ultraPealut. Una molecola che spegnerebbe o attenuerebbe l’infiammazione, con notevole vantaggio per le funzioni cognitive della persona affetta da demenza frontotemporale.
La ricerca è stata presentata al venticinquesimo Congresso dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip). Guidata da Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di Fisiologia all'università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia, la ricerca rappresenta una nuova frontiera nell’ambito degli studi sulle demenze.
Lo studio, controllato contro placebo, ha riguardato un campione di 50 pazienti affetti da Demenza Frontotemporale per valutare la sicurezza e l'efficacia della somministrazione di co-ultraPealut. Gli elementi indagati sono l'impatto clinico della molecola Pea sulla gravità della malattia e gli eventuali effetti benefici sui deficit cognitivi, sui sintomi comportamentali, sulle autonomie della vita quotidiana e il rallentamento della progressione del declino funzionale.
La prima si manifesta anche in età presenile (in questo senso è la più frequente); generalmente le altre forme di demenza, compresa la malattia di Alzheimer si manifestano più tardi, cioè in genere in età avanzata.
Nel caso della demenza frontotemporale sono alterati personalità, comportamento e linguaggio. Nell’Alzheimer i segni della malattia sono evidentissimi nell’alterazione della memoria.
Bere alcol è controindicato, in caso di demenza. L’alcol, seppure assunto in modeste quantità, può contribuire a peggiorare i sintomi della patologia.
Come sappiamo, le infiammazioni (ovunque si manifestino) vanno curate e spente. Se lasciate degenerare, possono dare luogo a malattie di vario genere, comprese quelle di carattere tumorale.
L’infiammazione è la reazione (naturale) dell’organismo a una minaccia. In realtà, è un’ottima strategia di tutela della salute, strategia riconducibile all’attività del sistema immunitario. Accade però che a volte i processi infiammatori non siano bene mediati, o meglio non siano correttamente regolati. In questo caso l’obiettivo finale resta inevaso e le cellule dei tessuti infiammati possono degenerare, causando danni anche gravi all’organismo.
Per prevenire le infiammazioni occorre avere un’alimentazione equilibrata, ricca di sostanze antiossidanti, fare sport regolarmente e tenere alto l’umore. Anche la depressione può essere alla base di processi infiammatori importanti. Per integrare la dieta alimentare, si può far ricorso ad alcuni prodotti, frutto della ricerca nutraceutica.
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Tra le sue proprietà, quelle antinfiammatoria e antiossidante. L’ideale per allontanare i processi di degenerazione delle cellule.
Fonti: Ministero della Salute; Federazione Alzheimer Italia; Auxologico IRCCS; MSD; ISS; Ansa; Il Messaggero.