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Gli studi sulla malattia causata dal virus Sars-CoV-2 che ha messo in ginocchio il mondo nel 2020 e paralizzato o rallentato tutte le attività umane negli ultimi tre anni sono ormai tantissimi. Prosegue il lavoro dei ricercatori il cui obiettivo è tracciare un profilo ben definito della malattia, cioè della Covid, e di tutte le sue implicazioni e conseguenze.

Si è a lungo sentito parlare di Long Covid; ma siamo sicuri che ne esista una sola tipologia? Gli ultimi studi su questa condizione che ha riguardato e continua a riguardare milioni di persone nel mondo negano che ciò possa corrispondere alla realtà. Sostengono quindi che esistano diverse tipologie di Long Covid.

La sindrome andrebbe trattata diversamente a seconda della persona che ne è colpita.

I sintomi più comuni del Long Covid

  • Dolori articolari, ossei, muscolari
  • Accelerazione del battito cardiaco
  • Affaticamento
  • Nebbia mentale
  • Difficoltà a concentrarsi
  • Depressione

In realtà i medici sono entrati in contatto con un’ampia varietà di sintomi, identificandone più o meno duecento.

È possibile fare una diagnosi di Long Covid?

Il problema della scienza, attualmente, sta proprio nell’impossibilità di determinare le caratteristiche precise del Long Covid, perché si manifesta in modo differente a seconda del paziente. Non c’è diagnosi certa perché non ci sono esami che si possano fare, al momento, per stabilire con certezza che si tratti di Long Covid.

Le cause del Long Covid

Anche sulle cause i medici e gli scienziati non sono concordi. In tutti i casi, entra in gioco il sistema immunitario.

  • In alcune persone si attiva una risposta di tipo autoimmune al virus anche parecchio tempo dopo la fine della malattia.
  • In altre persone accade che residui della carica virale circolino per l’organismo continuando a esercitare la loro ‘pressione’ sugli organi.
  • Esiste anche la possibilità che il virus agisca come detonatore di altri agenti patogeni che vivono nell’organismo senza danneggiarlo, almeno finché non incontrano il Sars-CoV-2.
  • I danni subiti dagli organi durante la malattia, anche nelle forme lievi (secondo alcune ricerche) si farebbero sentire per mesi, anche dopo il tampone negativo e ciò sarebbe la causa del Long Covid.

Come trattare la sindrome da Long Covid

Se non esiste un’unica causa, non esiste un’unica sindrome e quindi un unico modo di affrontare il problema. Gli scienziati procedono sempre per gradi; questo principio vale naturalmente anche per la Covid-19.

Lo studio dell’Università di Yale

Le ricerche della famosa immunologa Akiko Iwasaki mirano a comprendere se alcuni farmaci antivirali utilizzati nel trattamento della malattia sintomatica possano, eliminando le particelle di virus circolanti nell’organismo, aiutare anche i pazienti con Long Covid. Anche i farmaci sintomatici o un particolare anticoagulante (impiegato in un trial dell’University College di Londra) potrebbero intervenire sui micro-coaguli presenti nel sangue, dovuti alla Covid, quindi responsabili dei sintomi da Long Covid.

Il lavoro è lungo, ma quando si sarà giunti a conclusioni certe e approvate dall’intera comunità scientifica sarà una conquista non soltanto per i pazienti affetti da Long Covid, ma anche per altre persone, con sindromi e malattie di altro genere e altra origine.

Lo studio pubblicato sulla rivista Pathogens sul nesso tra Covid e AHCC®

Proprio perché le strade che si seguono sono diverse, lo sono anche i risultati. Abbiamo già menzionato uno studio che indaga sulla possibile relazione tra Covid e AHCC®. La rivista Pathogens ha pubblicato un articolo in merito. Il testo mette in evidenza gli effetti del composto contenente estratto di Lentinula edodes o fungo Shiitake su due modelli murini infettati con Sars-CoV-2.

La somministrazione ha attenuato, nei topi, l’infiammazione polmonare e provocato la diminuzione della carica virale.

Il trattamento con il composto vegetale avrebbe anche ridotto la letalità indotta dal virus nei modelli oggetto della ricerca. L’AHCC sembra aver fatto crescere il numero di cellule T nella milza e nei polmoni dei topolini, sia prima sia dopo l’infezione.

La molecola ha promosso, inoltre, risposte sistemiche delle cellule T Helper, in entrambi i modelli esaminati. Gli organismi che la ricerca ha analizzato sono riusciti a produrre buone quantità di anticorpi. È aumentata la resistenza alla Covid in forma lieve e severa, principalmente attraverso la promozione delle risposte immunitarie innate e adattive delle cellule T, nei topi.  

Il composto AHCC® potrebbe essere utile per affrontare il Long Covid?

A quelle citate in questo articolo sono già seguite altre ricerche. Potrebbe anche darsi che il composto AHCC® possa risultare efficace nel trattamento delle persone con Long Covid. Al momento non possiamo saperlo.

  • Sicuramente NKLIFE AHCC® è in grado di potenziare le difese immunitarie dell’organismo umano, migliorando quindi la resistenza a tutte le infezioni.
  • Il composto viene impiegato anche come supporto alle terapie oncologiche. Il suo target sono gli effetti collaterali di radio e chemioterapia, che risultano, grazie al prodotto della ricerca nutraceutica, attenuati.
  • È un disintossicante del fegato.
  • Utile per negativizzare il Papilloma Virus
  • Viene quindi utilizzato in ambito ginecologico.
  • Può essere un sostegno per le persone diabetiche, poiché contribuisce a tenere lontane le complicanze della malattia metabolica.

Avere un sistema immunitario forte significa possedere gli strumenti per combattere le patologie, per schivare i pericoli che, a ogni istante, minacciano la salute dell’organismo. Uno stile di vita sano, frutto anche di un’alimentazione equilibrata è la strada maestra per assicurarsi una buona difesa naturale contro le malattie. Il movimento (quindi uno sport o comunque l’attività fisica regolare) aiuta a potenziare il sistema immunitario e possono farlo anche gli integratori naturali a base di AHCC®. Quando si sceglie di assumere un prodotto, anche se si tratta di un integratore naturale, è buona abitudine informare il medico di base. Ciò è ancora più importante se il paziente ha terapie in corso.

Fonti: Elisabetta Intini (Focus); Leggo; Pathogens; ISS; Fondazione Humanitas; Ansa.



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