La ricerca scientifica concentrata sull’individuazione e sulla sperimentazione dei vaccini ha fatto registrare negli ultimi due anni un’accelerazione, in seguito all’impegno orientato ad arginare e combattere il virus Sars-CoV-2 responsabile della Covid.
Passi importanti sono stati fatti anche in altri ambiti, rispetto ad altre patologie. Un vaccino anti HIV era allo studio da diversi anni. Con la somministrazione delle prime dosi ai primi pazienti oggetto di uno studio clinico appena avviato ha preso avvio la sperimentazione del primo vaccino al mondo contro l’HIV. Si tratta di un farmaco che ha la stessa tecnologia dei vaccini anti-Covid 19, è infatti un prodotto a mRNA ed è stato sviluppato da Moderna.
Lo studio clinico appena avviato (di fase 1) interesserà 100 persone di età compresa tra i 18 e i 55 anni, negative al test HIV. Il farmaco loro somministrato è stato messo a punto con l’obiettivo di indurre, nel sistema immunitario, un meccanismo di resistenza al virus responsabile dell’AIDS, con la produzione di anticorpi in grado di neutralizzare l’HIV.
Siamo soltanto all’inizio della sperimentazione, la strada è lunga ma il complesso delle conoscenze e dei risultati ottenuti con i vaccini a mRNA, sviluppati per contrastare la diffusione della Covid, saranno utili per altre malattie, come già sta avvenendo con l’HIV. Si spera che i tempi non siano troppo lunghi e che i risultati siano quanto prima apprezzabili. Tanto da poter consentire l’approvazione della commercializzazione di questi primi farmaci. Intanto la stessa casa farmaceutica sta lavorando anche a un secondo farmaco anti HIV. Questo secondo approccio di studio rientra nel solco della International AIDS Vaccine Initiative.
È bene fare chiarezza sui due acronimi e distinguere il virus dalla malattia conclamata. L’HIV (Human immunodeficiency virus) colpisce, distruggendoli, i linfociti CD4, indebolendo il sistema immunitario. Le difese dell’organismo umano risultano minate e non riescono a fronteggiare a dovere:
La persona alla quale viene riscontrata nel sangue la presenza di anticorpi anti HIV è definita sieropositiva.
Ciò, tuttavia, non significa che quel soggetto sia “malato”, può infatti vivere per lunghi anni senza manifestare alcun sintomo.
L’AIDS (Acquired immune deficiency sindrome) invece identifica uno stadio avanzato dell’infezione.
La malattia è dovuta al crollo drastico dei linfociti CD4. Ciò comporta che l’organismo della persona affetta da AIDS non sia più in grado di rispondere ad alcun agente patogeno; anche i più innocui possono essere molto pericolosi.
La terapia antiretrovirale comunemente usata per trattare l’HIV ha migliorato moltissimo la qualità della vita dei pazienti. Nei primissimi anni della diffusione del virus responsabile di questa malattia, la positività all’HIV era considerata una condanna.
Le cose sono cambiate fortunatamente e le statistiche restituiscono un quadro ben diverso:
chi scopre di aver contratto il virus e si sottopone tempestivamente a terapie adeguate, risulta avere pressoché la stessa aspettativa di vita di una persona sana.
Tuttavia, l’approvazione di un vaccino sarebbe un traguardo importantissimo per una malattia che resta un problema sanitario in tutto il mondo, considerata la sua diffusione.
Secondo la Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS (LILA), l’incidenza nel nostro paese è in diminuzione dal 2012.
Come si legge sul sito LILA, nel 2020, le incidenze più alte in Italia sono state registrate in Valle d’Aosta, Liguria, Provincia Autonoma di Trento e Lazio. La pandemia ha comportato un forte impatto sul sistema sanitario in generale e in particolare sul comparto delle malattie infettive con limitazioni nell’accesso ai centri di cura e screening con un calo dell’attività di testing. Dal 2015 aumenta la quota di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV (con bassi CD4 o in AIDS): nel 2020 2/3 degli eterosessuali, sia maschi che femmine, sono stati diagnosticati tardivamente. Nel 2020, solo il 21,6% delle persone diagnosticate con AIDS ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi.
La tempestività è tutto, in questo caso, come per la maggior parte delle malattie.
La prevenzione gioca un ruolo fondamentale.
Le campagne informative sulla prevenzione rispetto all’AIDS hanno avuto negli ultimi anni meno risalto, a causa della pandemia.
Trattandosi di una malattia che colpisce il sistema immunitario, è bene che impariamo anche a tenere alte le nostre difese (contestualmente all’assunzione di comportamenti responsabili, in primis evitando i rapporti sessuali non protetti).
Prendersi cura del proprio sistema immunitario significa soprattutto avere uno stile di vita sano ed equilibrato, alimentarsi correttamente garantendo all’organismo il giusto apporto delle sostanze nutritive, dei sali minerali e delle vitamine.
Assumere degli integratori naturali per potenziare le difese dell’organismo, previo consulto del medico, può aiutare molto.
AHCC® è un supplemento alimentare prodotto dal micelio di fungo shiitake, unico estratto di fungo al mondo a base di α-glucano, caratterizzato da un peso molecolare bassissimo e quindi di facile assimilazione.
In molte sperimentazioni cliniche l’AHCC® si è dimostrata in grado di aumentare il numero di macrofagi e cellule killer (NK), incrementandone l’attività di oltre il 30%.
La sua azione aumenta la produzione di citochine e incide sulle loro prestazioni; incrementa la produzione corporale dell’interferone gamma e delle interleuchine 1, 2 e 12. Questo prodotto è anche in grado di inibire alcune citochine che funzionano da immunosoppressori e migliora l’equilibrio delle cellule Th1 e Th2.
Secondo diversi studi, l’AHCC® è una molecola attiva nel supportare l’immunità innata contro una serie di specie virali infettive:
Ricordiamo che gli integratori non possono sostituire la dieta e non sono farmaci. Sono sicuri e non hanno particolari effetti collaterali. In ogni caso, è bene consultare il proprio medico di riferimento, soprattutto se sono già in corso terapie farmacologiche (alle quali gli integratori possono offrire un supporto).