La celiachia è una malattia molto comune (colpisce circa 1 persona su 100) causata da una reazione immunitaria al glutine in persone geneticamente predisposte.
Il glutine è una proteina complessa presente in alcuni cereali.
Nelle persone celiache il sistema immunitario attacca il glutine, scatenando una risposta infiammatoria che coinvolge l’intestino tenue e provoca sintomi quali diarrea, vomito, dolore e gonfiore addominale, malassorbimento, astenia e ritardi nella crescita.
Il glutine è formato da diverse subunità proteiche.
La reazione immunitaria si verifica contro una di queste subunità, chiamata gliadina: l’aggressione delle cellule immunitarie si esplica a livello intestinale causando un’infiammazione intensa, dovuta alla produzione di citochine (TNF alfa, IL 2 e IL 4), che progressivamente manda le cellule in apoptosi e distrugge i villi intestinali fino alla loro scomparsa.
I villi intestinali sono deputati all’assorbimento delle sostanze nutritive ed il loro danneggiamento può portare a serie problematiche, tra le quali sindromi da malassorbimento e sintomi extraintestinali a carico di diversi organi.
Per evitare danni all’intestino, i pazienti celiaci non devono assumere glutine per tutta la loro vita.
Il motivo per cui il sistema immunitario attacca impropriamente il glutine è ancora sconosciuto, ma sono numerosi i gruppi di ricerca che studiano la malattia, nel tentativo di trovare una cura per un’intolleranza che colpisce milioni di persone nel mondo.
Sono state proposte numerose teorie per spiegare l’anomala risposta immunitaria e per chiarire i meccanismi molecolari che si celano dietro questa malattia autoimmune.
Un team dell’università di Cardiff ha pubblicato su Cell un’importante scoperta: le persone celiache presentano un’alterazione permanente in alcune cellule immunitarie, i linfociti T.
Questa classe di linfociti verrebbe gradualmente sostituita da una sottoclasse di linfociti T che promuovono la risposta infiammatoria.
Anche eliminando il glutine dalla dieta, secondo lo studio il danno tissutale rimane, così come non vengono eliminate le cellule T pro infiammatorie che hanno definitivamente rimpiazzato i linfociti T “normali”: le conseguenze a lungo termine potrebbero essere gravi.
Ma qual è il primo evento che scatena l’attività anomala del sistema immunitario? Non si nasce celiaci, ma con una predisposizione genetica alla malattia: la celiachia può essere diagnosticata molto precocemente, ad esempio al momento dello svezzamento, oppure può emergere anche dopo anni dalla nascita, in seguito all’esposizione a diversi fattori (un’infezione, un evento stressante, un disturbo immunitario o altri elementi sconosciuti).
È stata dimostrata l’associazione stretta tra celiachia e la presenza dei geni HLA DQ2/DQ8/DR4 (circa il 95% dei celiaci ha l’antigene DQ2 e circa il 5% il DQ8).
In uno studio pubblicato nel 2017 sulla nota rivista Science, è stata messa in relazione la celiachia con l’infezione da parte di un virus intestinale, il reovirus.
L’infezione da reovirus è molto comune sin dall’infanzia e di solito asintomatica, ma è sospettata di scatenare una reazione autoimmune: il sistema immunitario potrebbe “confondere” alcuni antigeni virali con il glutine e quindi attaccarlo (“mimetismo molecolare”). Secondo gli scienziati quindi in soggetti geneticamente predisposti il reovirus può far emergere la celiachia: alcuni pazienti celiaci infatti avevano un numero di anticorpi anti reovirus molto più alto dei soggetti sani.
Il reovirus potrebbe essere uno dei trigger in grado di creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo della celiachia in soggetti con un particolare profilo genetico.
In particolare l’infezione nei primi anni di vita, quando l’immunità è ancora immatura, potrebbe destabilizzare il sistema immunitario che ha già incontrato il virus e farlo reagire impropriamente contro il glutine a causa di un meccanismo di reattività crociata.
Lo stesso meccanismo è stato proposto nel caso di peptidi batterici che, tramite lo stesso meccanismo di mimetismo molecolare, potrebbero indurre le cellule immunitarie ad attaccare il glutine.
Queste scoperte lasciano spazio alla possibilità di sviluppare vaccini, ad esempio per ridurre il rischio nei figli di soggetti celiaci.
Per ora però, l’unico modo che i celiaci hanno di evitare gravi danni all’intestino è non assumere il glutine, per impedire l’attivazione della risposta immunitaria ed infiammatoria e la distruzione della mucosa intestinale.
Esistono alcuni integratori che possono aiutare i celiaci a regolare la popolazione batterica residente e modulare la risposta immunitaria intestinale, riducendo la risposta immunitaria aspecifica.
Le frazioni di polisaccaridi lineari contenute nell’integratore a base di AHCC possono aiutare a tenere sotto controllo i sintomi della malattia, in particolare quelli riconducibili ad un’alterazione della flora batterica intestinale.
AHCC è un estratto del fungo giapponese shiitake e viene utilizzato in medicina per la gestione degli effetti collaterali dei farmaci e come ricostituente dopo terapie farmacologiche.
Grazie al suo basso peso molecolare, AHCC attraversa l’intestino senza subire modificazioni e la sua attività probiotica si esplica sia favorendo la flora batterica residente, a discapito di eventuali patogeni che potrebbero approfittare dei disturbi intestinali, sia modulando l’immunità innata presente sulla mucosa intestinale.
Eliminando del tutto il glutine ed assumendo integratori probiotici si potranno combattere anche sintomi come il malassorbimento – causato dall’infiammazione della mucosa deputata all’assorbimento dei nutrienti – e patologie secondarie che a volte si instaurano come conseguenza del prolungato stato infiammatorio.