La sindrome di Sapho è una malattia autoinfiammatoria cronica ed eterogenea, caratterizzata da manifestazioni cliniche tra di loro associate, da cui deriva in lingua inglese il nome della patologia (sinovite, acne, pustolosi, iperostosi e osteoite).
Nella sindrome SAPHO, il quadro clinico è molto complesso e comprende patologie infiammatorie del sistema osteo articolare e della cute, nella quale si verifica un’infiltrazione di neutrofili.
La patologia è piuttosto rara, ma la sua consapevolezza è aumentata nel corso degli anni, quando in letteratura sono state fatte diverse segnalazioni.
Chiunque può svilupparla e la sindrome esordisce più spesso nel bambino, anche se in alcuni casi anche un adulto può esserne colpito.
L’eziologia della sindrome SAPHO non è ancora nota.
Viene descritta come un disturbo autoinfiammatorio e negli anni sono state proposte diverse cause (genetiche, ambientali, infettive, immunitarie) che potrebbero contribuire allo sviluppo della malattia.
La sindrome di SAPHO è stata associata ad alcuni antigeni leucocitari umani (tra cui HLA A26, B27 e B61) e l’analisi del trascrittoma dei pazienti ha rivelato un profilo iperattivatorio dei neutrofili.
Dalle lesioni ossee dei pazienti con SAPHO sono stati isolati alcuni microrganismi, tra cui il batterio responsabile dell’acne (Propionibacterium acnes) ma anche Saureus, H. influenzae ed altri.
L’ipotesi al momento più accreditata è quella della deregolazione immunitaria: la sindrome SAPHO sarebbe il risultato di un disturbo autoinfiammatorio (e non autoimmune) caratterizzato da riduzione della proteina p53, aumento della produzione di IL 10 e ridotta capacità di formare specie reattive dell’ossigeno.
L’infiammazione tipica della patologia comprende la secrezione di numerose citochine proinfiammatorie tra cui IL 1, IL 8, IL 18 e TNF alfa e l’iperattivazione dei linfociti T helper Th17.
È probabile che tutte le ipotesi fino ad ora suggerite siano corrette e che la sindrome di SAPHO, proprio per la varietà delle manifestazioni cliniche, sia il risultato di una complessa interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali.
Dal punto di vista biomolecolare, alcune teorie suggeriscono che la risposta antinfiammatoria sia innescata da una combinazione di deficit, difetti e repressione di proteine e fattori nucleari.
Alcuni studi hanno esaminato la risposta immunitaria dei pazienti affetti dalla sindrome, analizzando le citochine sieriche e alcuni autoanticorpi.
Sono stati rilevati alti livelli ematici di IL 8 e IL 18, nessuna presenza di autoanticorpi e una forte risposta leucocitaria all’infezione da Pacnes, che dimostra che questo batterio contribuisce alla forte risposta infiammatoria.
Attualmente l’unica terapia per la sindrome di SAPHO consiste nella somministrazione di farmaci per controllare l’infiammazione, le infezioni e l’iperattività del sistema immunitario ed eventualmente per trattare i sintomi dermatologici ed osteo articolari.
I pazienti quindi assumono FANS, corticosteroidi, immunosoppressori, antireumatici, farmaci biologici (anti TNF alfa e anti IL 1), bifosfonati.
Queste terapie hanno successo variabile: alcuni pazienti rispondono molto bene, altri non hanno benefici, altri ancora nel tempo diventano refrattari ai farmaci.
È probabile che il successo terapeutico dipenda da fattori genetici o immunitari di cui la medicina non è ancora a conoscenza.
L’autoinfiammazione è una delle componenti principali della sindrome di SAPHO.
Il successo incostante dei farmaci antinfiammatori ed immunosoppressivi, unito agli effetti collaterali, ha portato molti medici a considerare l’utilizzo di coadiuvanti ed integratori naturali per dare sollievo ai sintomi del paziente senza interrompere le terapie convenzionali.
Al giorno d’oggi, nessuno può sostenere che il cibo non abbia un impatto sulla salute: esistono alcuni alimenti antinfiammatori naturali (cannella, curcuma ecc.) contengono molecole in grado di modificare lo stato di benessere.
Per questo, chi soffre di sindromi infiammatorie croniche dovrebbe rivolgersi anche ad un nutrizionista, che imposterà una dieta speciale per eliminare alimenti contenenti additivi chimici e composti che stimolano l’infiammazione (istamina).
Sono numerose le testimonianze di persone affette da sindrome di SAPHO che sono in remissione, grazie a farmaci correttamente prescritti e testati, agli integratori e ad una dieta speciale.
L’integratore AHCC può aiutare a dare sollievo dall’infiammazione cronica, grazie al suo effetto immunomodulante, antinfiammatorio e antiossidante.
Derivato da una frazione unica del micelio del fungo shiitake, AHCC contiene polisaccaridi lineari a basso peso molecolare (alfa e beta glucani) noti in medicina per modulare l’iperattività del sistema immunitario.
Una serie di ricerche ha dimostrato che AHCC supporta la risposta immunitaria e contribuisce a regolare i livelli delle citochine e l’attività delle cellule Natural Killer.
Secondo alcuni studi, l’azione di AHCC si esplica attraverso la regolazione di recettori presenti sui leucociti, che inducono l’immunità a reagire verso elementi estranei piuttosto che contro componenti dell’organismo stesso (autoimmunità).
Per questo motivo AHCC può essere un integratore utile nella sindrome di SAPHO, per combattere i batteri che scatenano l’autoinfiammazione, orchestrare la risposta immunitaria e sostenere le difese naturali contro agenti estranei.
Grazie al basso peso molecolare, dopo l’assunzione l’integratore AHCC viene assorbito nell’intestino tenue ed entra in circolo senza subire modificazioni metaboliche, espletando i suoi effetti negli organi e nei tessuti e specialmente sui macrofagi che lo internalizzano e lo trasportano nel midollo osseo e nel sistema reticolo endoteliale.
L’assunzione di AHCC come integrazione alla dieta e coadiuvante del trattamento farmacologico deve prima essere valutata dal medico curante.