Sono malattie la cui diagnosi non è semplice. I medici possono impiegare molti giorni, settimane in alcuni casi o mesi, per formularne una corretta. Tempo prezioso che si perde, mentre invece si dovrebbe tempestivamente intervenire con terapie adeguate. Tra l’altro non sempre sono disponibili, dipende dalla diffusione della malattia e da altri elementi. In ogni caso più tardi arriva la diagnosi, meno favorevole è la prognosi per chi è affetto da queste patologie. Il suggerimento per tutti è di essere sempre vigili, rispetto a sintomi e sensazioni nuove. Se non si risolvono nell’arco di qualche giorno, vanno sempre riferiti al medico di base che valuta il da farsi.
Stiamo parlando delle malattie autoimmuni. Non se ne conoscono le cause, ma le loro caratteristiche sono determinate da un’anomala attività del sistema immunitario.
Dipende proprio dal bersaglio del sistema immunitario, quindi dall’organo colpito il criterio usato per distinguere le autoimmuni in sottogruppi.
Come già chiarito, le cause restano sconosciute. La comunità scientifica concorda sulla possibilità di una compresenza di elementi predisponenti, tra i quali anche la genetica. I fattori scatenanti possono essere diversi: ormonali, agenti infettivi, l’esposizione a sostanze tossiche e alle radiazioni, la somministrazione di alcuni farmaci. Sono ipotesi sulle quali la ricerca continua naturalmente a essere molto attiva.
I sintomi cambiano a seconda del distretto del corpo aggredito dal sistema immunitario. I tessuti e gli organi si infiammano e danno dolore, ci si può sentire deboli, avere difficoltà nel movimento, nella respirazione, sperimentare confusione mentale e riscontrare anemia. Sono indicazioni generiche, ogni patologia ha la sua specifica sintomatologia.
La ricerca scientifica è molto impegnata sul fronte delle malattie autoimmuni. Sono frequenti le pubblicazioni che offrono spunti per altri studi e motivi di speranza per i pazienti. Circa un anno fa sono stati diffusi (attraverso pubblicazione su Cell Metabolism), i risultati di uno studio che ha posto in relazione tali patologie con le temperature atmosferiche.
L’analisi effettuata su due gruppi di roditori con encefalomielite autoimmune sperimentale ha evidenziato che le temperature molto basse avevano l’effetto di ridurre i sintomi. La spiegazione è semplice: l’organismo posto di fronte a un’emergenza (il freddo eccessivo, in questo caso) sceglie di affrontare la situazione accantonando le altre attività, compresa quella del sistema immunitario. L’organismo, seppure malato, affronta il freddo attivando meccanismi per riscaldarsi e distraendo le risorse su questa necessità.
Nella ricerca (citata anche dalla rivista Focus Salute), il gruppo di roditori esposto alle temperature più basse ha sperimentato un miglioramento dei sintomi della malattia autoimmune, tra i quali la paralisi degli arti; temporaneamente trovava una sospensione. Al secondo gruppo sono state riservate temperature più alte, e ciò ha determinato un’accentuazione dei sintomi.
Il freddo, stando alla ricerca, riuscirebbe a intervenire sui monociti (cellule del sistema immunitario), influenzando di conseguenza l’attività dei linfociti T, responsabili questi ultimi dell’aggressione al sistema nervoso, nel caso dell’esperimento.
Si tratta di conclusioni che non possono per il momento essere estese agli esseri umani. La ricerca dovrà proseguire, indagando in questa direzione e in altre, perché in futuro sia possibile intervenire sulle malattie autoimmuni con cure adeguate, patologie che tra l’altro sono in netto aumento nelle società cosiddette avanzate dal punto di vista economico-sociale.
Chi ha uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata e la possibilità di svolgere una regolare attività fisica, ha generalmente un sistema immunitario forte, capace cioè di rispondere alle minacce rappresentate dalle malattie.
Rispetto alle autoimmuni, non c’è possibilità di prevenzione che si possa attuare scientificamente. Tuttavia, un sistema immunitario in forma è una buona premessa a condizioni di salute ottimali. Siamo in inverno, il periodo natalizio favorisce inoltre i contatti con altre persone, che divengono più frequenti del solito. Nei mesi più freddi si tende ad ammalarsi di più anche per questa ragione.
Per affrontare al meglio l’inverno (ma vale anche per le altre stagioni) è necessario alimentarsi correttamente, bilanciando bene le sostanze da ingerire e privilegiando le proteine vegetali, fare attività fisica quotidianamente o almeno 3/4 volte alla settimana e dormire.
Il sonno (7/8 ore almeno per notte) deve essere di buona qualità, quindi non interrotto o disturbato. Il dormiveglia non dà ovviamente il giusto riposo di cui l’organismo ha bisogno. Quanto all’alimentazione bisognerebbe nutrirsi (il microbiota intestinale influenza l’attività immunitaria), non semplicemente mangiare, e sarebbe opportuno farlo a orari regolari. Mangiare e dormire sempre nelle stesse fasce orarie aiuta il corpo ad autoregolarsi. E la regolarità è importante se si desidera un sistema immunitario in forma.
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