Il Papilloma Virus (HPV) si diffonde attraverso i rapporti sessuali ed è all’origine dello sviluppo del tumore al collo dell’utero. Ogni anno in Italia si diagnosticano oltre 2400 nuovi casi di tumore alla cervice uterina. Nella stragrande maggioranza dei casi, il virus viene trasmesso per via sessuale. La malattia tumorale, quindi, potrebbe essere prevenuta attraverso l’educazione ai rapporti sessuali protetti.
Esiste, in realtà, un’arma ancora più efficace per scongiurare il rischio di essere infettati e per eliminare qualsiasi possibilità di sviluppare un cancro al collo dell’utero. Lo strumento si chiama vaccino; ne è prevista la somministrazione nei giovanissimi dal piano di prevenzione del Sistema Sanitario Nazionale.
Il farmaco viene offerto agli adolescenti tra i 9 e i 14 anni di età; entrambi i sessi hanno accesso al vaccino anti HPV. Per le giovani di età superiore, le dosi previste sono tre e non due, come nel caso degli adolescenti.
Tuttavia, negli ultimi mesi si è fatta strada la possibilità di ridurre il vaccino a una sola somministrazione. Diversi sono gli studi a supporto di questa tesi. L’ipotesi è già al vaglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Una ricerca australiana di qualche anno fa ha raccolto e analizzato i dati relativi a un arco temporale di dieci anni, compresi tra il 2007 e il 2014. Il risultato ha mostrato che una sola dose del vaccino anti HPV sarebbe sufficiente (soprattutto nel caso delle donne non ancora entrate in contatto con il virus) a prevenire la formazione di lesioni precancerose. L’Oms, in realtà, avrebbe già valutato la correttezza delle conclusioni degli studi, non solo di quelli australiani.
Si ridurrebbero i costi, innanzitutto, delle campagne vaccinali e la protezione potrebbe essere offerta a una platea più ampia di cittadini. Le dosi risparmiate potrebbero raggiungere i Paesi economicamente più svantaggiati, offrendo la possibilità a quelle popolazioni (soprattutto ai giovanissimi) di proteggersi contro i danni potenziali del papilloma virus. Un aspetto importante, se si considera che 9 casi su 10 si registrano in donne che vivono in Paesi a basso e medio reddito.
Si può affermare che la maggior parte di noi entri prima o poi in contatto con questo genere di virus. Il Test HPV viene effettuato non molto frequentemente, ma spesso dà risultato positivo. Ciò non significa affatto che la persona positiva abbia già sviluppato lesioni cancerose. Quasi sempre il virus viene neutralizzato dal sistema immunitario, che lo espelle dall’organismo. Tuttavia, chi attraverso il test è risultato esposto al papilloma virus, ha il dovere di effettuare controlli periodici per contenere il rischio di ammalarsi in futuro.
Se il virus resta nell’organismo può generare malattie benigne, molto fastidiose ma curabili con buon esito. Ma se quelle malattie non sono tempestivamente trattate possono degenerare e trasformarsi in carcinomi.
Oggi il vaccino più utilizzato contro l’HPV (nonavalente) è efficace contro i nove ceppi virali (6, 11, 16, 18, 31-33-45-52-58) più critici, cioè quelli capaci di spingere verso la replicazione delle cellule squamose che rivestono il collo dell’utero. I due ceppi più aggressivi sono il 16 e il 18, responsabili del 70 per cento delle nuove diagnosi.
La vaccinazione diffusa a tutti i Paesi del mondo e a tutte le fasce della popolazione e gli screening oncologici regolari (che vanno sempre effettuati, vista la varietà dei sierotipi di papilloma virus esistenti) dovrebbero consentire di eradicare il tumore alla cervice uterina entro i prossimi 80 anni.
La strategia preventiva contro i ceppi più aggressivi del papilloma virus, lo abbiamo visto, si articola in due fasi: la somministrazione dei vaccini e gli screening oncologici da prescrivere periodicamente. Certamente uno stile di vita sano ed equilibrato aiuta l’organismo a conservarsi in buona salute. Il sostegno maggiore che una sana alimentazione e l’abitudine all’attività fisica offrono riguarda l’attività del sistema immunitario.
Integrare nella dieta prodotti naturali, come quelli a base di AHCC® può dare una mano alle difese dell’organismo, modulandole e potenziandole.
Il composto (derivato del fungo Shiitake) svolge numerose attività. Ecco le principali:
Come rilevato in molte sperimentazioni cliniche, il composto AHCC® è in grado di aumentare il numero di macrofagi e cellule killer (NK), aumentandone l’attività di oltre il 30%. La sua azione favorisce la produzione di citochine e incide sulle loro prestazioni; fa inoltre crescere la produzione corporale d’interferone gamma e d’interleuchine 1, 2 e 12. AHCC® è in grado di inibire alcune citochine immunosoppressori e migliora l’equilibrio delle cellule Th1 e Th2.
Grazie al peso molecolare ridotto al minimo, la molecola viene assimilata rapidamente dai globuli bianchi, risultando immediatamente efficace.
AHCC® è stato sviluppato nel 1987; negli anni diversi studi ne hanno riconosciuto i benefici. Viene utilizzato soprattutto come:
Infine, il composto contiene un gran numero di principi attivi inclusi i derivati di Alfa e Beta glucani.