La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) è la variante più comune di polmonite interstiziale idiopatica, ma è comunque una malattia rara. Nelle persone affette da questa patologia respiratoria, il tessuto dei polmoni si cicatrizza progressivamente, determinando nel tempo una riduzione della funzionalità respiratoria.
Il tessuto cicatriziale circonda gli alveoli polmonari, a volte con gravi complicanze. Non esistono cure risolutive, piuttosto terapie messe a punto per favorire la convivenza con la malattia, alleggerendone il peso e cercando di rallentare la sua evoluzione.
A tale proposito, è recente la pubblicazione sul New England Journal of Medicine dei primi risultati di una sperimentazione condotta su un gruppo di 147 pazienti. Uno studio guidato da Luca Richeldi, direttore della Pneumologia del Policlinico Gemelli di Roma e ordinario di Pneumologia, all'Università Cattolica del Sacro Cuore. La sperimentazione ha mostrato risultati sorprendentemente buoni nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica, trattati con una molecola innovativa, la BI 1015550. Questo nuovo farmaco, inibitore delle fosfodiesterasi 4b, rallenterebbe la progressione della malattia e quindi il declino della funzionalità polmonare.
La molecola è innovativa anche perché gli effetti collaterali che il suo impiego genera sono contenuti, rispetto a quelli di altri farmaci.
Attualmente l’aspettativa di vita per le persone con fibrosi polmonare idiopatica è di 5 o più anni dal momento della diagnosi.
In futuro, grazie a nuove sperimentazioni (alla prima fase della sperimentazione presentata al congresso dell'American Thoracic Society-Ats, a San Francisco, nei giorni scorsi, se ne aggiungeranno altre, già programmate), questo intervallo di tempo potrebbe allungarsi, anche considerevolmente.
I sintomi variano a seconda del grado di progressione della malattia. Generalmente le persone colpite sviluppano, nel tempo:
Può cambiare anche il colore della pelle, per la progressiva diminuzione di ossigeno nel sangue, mentre la punta delle dita della mano (l’ultima falange) può ingrossarsi, dando luogo alla manifestazione patologica definita ippocratismo digitale (Ippocrate fu il primo a descrivere questo fenomeno, in inglese clubbing). Le dita assumono una forma che ricorda quella di una bacchetta di tamburo, mentre le unghie somigliano ai vetrini che coprono i quadranti degli orologi.
Tra le complicazioni della malattia: l’ipertensione polmonare, il cuore polmonare (aumento della pressione sanguigna all’interno delle arterie polmonari e delle cavità del cuore, lato destro), l’insufficienza respiratoria e il cancro al polmone.
Sono sconosciute; per questa ragione la malattia si definisce idiopatica. Probabilmente alcune mutazioni genetiche, insieme con altri fattori, sono all’origine della sua insorgenza.
Le persone più colpite sono gli over 50 di sesso maschile, con un passato di dipendenza dal fumo, o di esposizione a certe sostanze o con pregresse infezioni virali.
La diagnosi si effettua attraverso:
Gli esami del sangue sono in genere prescritti per verificare l’eventuale presenza di altre patologie, di origine immunologica, che possano determinare infiammazioni come quella caratteristica della fibrosi.
Il pirfenidone e il nintedanib sono i principi attivi usati per rallentare la progressione della malattia.
Affiancano le terapie farmacologiche, trattamenti come:
L’uso degli antibiotici o di altri farmaci è indicato per curare le infezioni o altre complicanze. Si ricorre al trapianto di polmone solo in casi molto gravi.
Come raccomanda il Ministero della Salute, per allontanare il rischio di sviluppare la IPF o le sue complicanze, è importante :
Contro le infezioni e le infiammazioni e in funzione modulante del sistema immunitario, diversi medici suggeriscono ai propri assistiti (in assenza di problemi di salute), l’integrazione nella dieta alimentare di specifici prodotti nutraceutici.
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