Nature Medicine ha pubblicato recentemente la notizia della guarigione di un uomo di cinquantatré anni dall’HIV. Si tratta di uno dei cinque casi documentati in tutto il mondo. In sintesi, oltre nove anni dopo un trapianto di cellule staminali ad alto rischio (effettuato per curare una leucemia), l’uomo non presentava più alcun segno del passaggio dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus) nel suo organismo.
Nel 2008 il paziente di Düsseldorf (così è stato definito) ha scoperto di aver contratto il virus dell’immunodeficienza umana. Due anni dopo la diagnosi, l’uomo si è sottoposto a una terapia a base di farmaci antiretrovirali. Nel 2011 è arrivata una seconda diagnosi: quella di leucemia. Data la comorbidità, cioè la compresenza di due malattie, i medici che lo avevano in cura hanno scelto una strategia estrema: un trapianto di cellule staminali (di un donatore) ad alto rischio.
Il trapianto doveva essere un trattamento per la leucemia e, al tempo stesso, per l’infezione da HIV. I medici ritenevano infatti che l’intervento avrebbe rappresentato, per il paziente di Düsseldorf, una sorta di resistenza genetica al virus. Il resto della storia è noto: la guarigione del cinquantatreenne dall’HIV, più di nove anni dopo il trapianto.
Non si può parlare, in questo caso, dell’individuazione di una cura vera e propria. Conosciamo la pericolosità dell’HIV e la difficoltà di intervenire, sebbene la scienza abbia fatto degli enormi progressi negli ultimi vent’anni. Il tipo di trapianto che ha curato il paziente di Düsseldorf è molto rischioso e non è sempre efficace, neanche rispetto alla leucemia. Viene infatti impiegato attualmente in casi molto rari, come ultima possibilità.
A determinare la “guarigione” del paziente tedesco è stata, molto probabilmente, una concomitanza di fattori. Comunque, per la ricerca, lo studio in questione è importantissimo, perché rappresenta la dimostrazione che sia possibile eradicare l’HIV. I ricercatori proseguono il loro lavoro, nella consapevolezza che un giorno sarà disponibile una terapia adatta a tutti (Fonte: Science Alert).
AIDS e HIV, lo ricordiamo, non sono sinonimi. L’HIV è il virus che attacca il sistema immunitario dell’uomo, in particolare i linfociti CD4+ (un tipo di globuli bianchi) che provvedono ad attivare la reazione immunitaria dell’organismo agli agenti patogeni. Il virus rende quindi più fragile il sistema immunitario, che progressivamente perde la capacità di fronteggiare batteri, virus, funghi, protozoi e cellule tumorali.
La presenza del virus non è immediatamente rilevabile; il paziente generalmente scopre di essere entrato in contatto con esso attraverso le analisi del sangue. Quando in laboratorio si rilevano anticorpi anti-HIV nel sangue, il paziente si può definire sieropositivo. Si può convivere a lungo con il virus, senza accorgersene, almeno fino alla comparsa di una malattia opportunistica o di un’infezione. Le malattie opportunistiche sono causate da virus rari o scarsamente dannosi (per semplificare); nelle persone con sistema immunitario fragile o depresso, tali virus si replicano rapidamente diventando molto pericolosi.
L’AIDS (Acquired Immune Deficiency Sindrome) è invece la fase clinica avanzata dell’infezione da HIV. In questo caso, la malattia è conclamata e il sistema immunitario della persona colpita non è più in grado di reagire agli attacchi, anche di virus normalmente innocui.
Tali terapie impiegano farmaci in grado di garantire alla persona sieropositiva di convivere (anche molto) a lungo con il virus, di avere una buona qualità di vita, nonostante la presenza del pericoloso agente patogeno nell’organismo.
La classe di farmaci HAART (Highly Active Anti-Retroviral Therapy) consente ai medici di trattare l’HIV in maniera efficace. Per evitare che l’infezione progredisca e muti in AIDS, la sindrome da immunodeficienza acquisita, le persone cui viene diagnosticata una sieropositività vengono sottoposte a trattamento con retrovirali, poiché l’HIV è un retrovirus. Tali terapie permettono di riportare i linfociti CD4+ a livelli normali e di ridurre la quantità di RNA del virus presente nell’organismo. La terapia si definisce anche altamente attiva, perché si basa sulla somministrazione di due o più farmaci contemporaneamente.
Come tutti i farmaci, i retrovirali possono avere effetti collaterali, anche seri. In ogni caso, sono in grado di ridurre efficacemente la carica virale dell’HIV e contenere così il rischio di trasmissione del virus (Fonti: Ministero Salute e Nurse24.it).
È essenziale evitare i rapporti sessuali non protetti. Assumere la terapia antiretrovirale se si è sieropositivi è anche un modo per proteggere la partner/il partner. Sul sito del Ministero della Salute è possibile consultare una pagina con i dettagli relativi alle strategie di prevenzione dell’infezione (https://www.salute.gov.it/portale/hiv/dettaglioContenutiHIV.jsp?id=5209&area=aids&menu=conoscere).
Per preservare invece il sistema immunitario, è fondamentale avere uno stile di vita sano (che comprenda una regolare attività fisica e una dieta equilibrata). Mangiare molta frutta e verdura, abbinando sempre alle proteine i vegetali, e muoversi (anche solo camminare velocemente) ogni giorno sono due step importanti per garantirsi una condizione di benessere il più a lungo possibile.
Bere e fumare sono attività che possono favorire diverse categorie di patologie.
Può essere utile inserire in una dieta equilibrata integratori naturali che potenzino il sistema immunitario. NKlife AHCC® in capsule o soluzione orale migliora l’efficienza del sistema immunitario, la resistenza alle infezioni e può essere un valido supporto per chi segue terapie oncologiche.
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