Una diagnosi di tumore al seno era, soltanto pochi anni fa, una terribile notizia. Oggi questo tipo di cancro, sebbene resti una malattia molto seria, è sempre più curabile e dunque spaventa molto meno. Grazie alla ricerca scientifica i risultati raggiunti nel trattamento di questo tumore (anche quando è metastatico) sono eccellenti. Tuttavia, viene diagnosticato con sempre maggiore frequenza. Naturalmente la prognosi dipende anche dalla tempestività della diagnosi.
È una malattia causata dalla proliferazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria, che mutano diventando maligne. Quando il tumore raggiunge determinate fasi può interessare non soltanto il seno, ma anche i tessuti circostanti, fino ad arrivare, in stadio avanzato, ad organi come i polmoni. In genere, i tumori mammari hanno origine nelle cellule ghiandolari (lobuli) o in quelle dei dotti (i condotti attraverso i quali passa il latte che arriva ai capezzoli).
Non esiste un'unica malattia, cioè un unico tumore al seno. È complicato classificare i diversi sottotipi e sicuramente non è nemmeno opportuno considerarli rigidamente categorizzabili. La maggior parte delle fonti sul cancro al seno usa la parola “fluido” per riferirsi a questa malattia.
Sono diagnosticati quotidianamente tumori a metà strada tra una tipologia e l’altra (un esempio, in questo senso, sono i tumori sensibili agli ormoni).
L’acquisizione di questa consapevolezza ha cambiato profondamente l’approccio terapeutico al cancro al seno. Per il trattamento del cancro metastatico (cioè quello che si è diffuso ad altri distretti del corpo), le novità farmacologiche sono tante. Le nuove terapie hanno un riflesso positivo sulla prognosi, che diviene spesso più favorevole.
Sono tutti temi affrontati al convegno internazionale “Treatment of metastatic Breast Cancer: advances in 2023”, presso l’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, a Roma. Professionisti italiani ed esteri sono concentrati sulla ricerca, sulla sintesi di nuovi medicinali in grado di contrastare il tumore al seno metastatico.
In Italia, nel 2020, sono stati diagnosticati 14.000 nuovi casi di tumore metastatico su 54.976 carcinomi registrati in totale, nello stesso anno.
Si tratta degli anticorpi coniugati. Le molecole sono le seguenti: Trastuzumab deruxtecan e Sacituzumab govitecan e sono efficaci per tutti i sottotipi molecolari di tumore al seno (HER2 positivi, tumori a bassa espressione di HER2, tumori con recettori ormonali positivi, e tumori tripli negativi).
Sta partendo una ricerca a cura dell’IRCCS Regina Elena (Unità Fase IV) su pazienti con carcinoma triplo negativo metastatico, trattate in precedenza, e oggi in fase di avvio terapeutico con Sacituzumab Govitecan (Fonte: Salute24 – Il Sole 24 Ore).
I farmaci anticorpo-coniugati (antibody drug conjugate, ADC) sono impiegati perché molto precisi, e sono efficaci anche grazie alla chemioterapia. Questo approccio si basa sulla combinazione di tossine cellulari e anticorpi terapeutici. L’efficacia dimostrata è davvero elevata.
Si esaminano le caratteristiche biologiche delle o dei pazienti (ricordiamo che questo genere di tumore colpisce, anche se in percentuali diverse, non solo le donne, ma anche gli uomini), quindi si procede con la somministrazione di un farmaco chemioterapico legato a un agente biologico che ha un target preciso, una proteina specifica. In questo modo gli ADC colpiscono solo le cellule malate e lasciano integre quelle sane.
Sul sito CORDIS (European Commission Research Results) si possono consultare diversi documenti sulla produzione di farmaci ADC. Già nel 2017 era stato avviato il progetto MABTOX. Si riporta testualmente:
per affrontare i problemi legati alla produzione degli ADC, gli scienziati del progetto MABTOX, finanziato dall’UE, hanno sviluppato e convalidato due nuove piattaforme di coniugazione enzimatica. In particolare, hanno utilizzato gli enzimi sortasi, una classe unica di enzimi trans-peptidasi che riconoscono motivi specifici di aminoacidi e possono mediare l’accoppiamento covalente tra proteine. La seconda piattaforma di coniugazione impiega la tecnologia basata sulla scissione dell’inteina.
La malattia in fase avanzata viene dunque trattata in modo diverso, con questi nuovi medicinali, e l’esito della stessa cambia non poco, migliorando anche la qualità di vita delle pazienti. La malattia rallenta del 50% la sua corsa, e il rischio di decesso diminuisce notevolmente (di più di un terzo, con Trastuzumab deruxtecan).
Per contrastare gli effetti collaterali della chemioterapia (così come per prevenire le malattie oncologiche) l’alimentazione equilibrata, ricca di frutta e verdura e con grassi e zuccheri in quantità contenute, è di grandissimo aiuto. Lo è anche l’attività fisica regolare. Alcuni integratori alimentari inoltre possono supportare le terapie anticancro, contrastando gli effetti secondari dei trattamenti chemioterapici.
Variano da individuo a individuo. Quasi tutti gli effetti collaterali a breve termine sono transitori. Esistono anche dei farmaci per contenerli e renderli più tollerabili. Tra i sintomi quasi sempre riscontrati dai pazienti: la stanchezza; i disagi gastrointestinali (la nausea e il vomito); i dolori e le infiammazioni; le lesioni alle mucose orali; l’alterazione del gusto; le infezioni; l’anemia; la caduta dei capelli; problemi alle unghie e alla pelle.
NKlife AHCC® è un integratore alimentare, adatto anche ai vegani, con diverse proprietà. Si tratta, nello specifico, di una selezionata organizzazione di alfa-glucani, parzialmente acetilati, estratti dal micelio del fungo shiitake, coltivato nell’estratto di crusca di riso. Ciò non avviene a caso: la crusca di riso possiede proprietà antivirali e di supporto al sistema immunitario. L’estrazione avviene grazie ad una tecnologia brevettata esclusiva di Amino Up di Sapporo, in Giappone. L’integratore ha un peso molecolare molto basso e viene quindi assimilato facilmente dai globuli bianchi. Le difese immunitarie ne traggono immediato beneficio.
L’AHCC® svolge la sua azione mitigando gli effetti collaterali della chemioterapia e ripristinando l’attività delle cellule NK (fondamentali per le difese dell’organismo) danneggiate o eliminate dalla chemio. Esistono degli studi che lo confermano. Diverse ricerche hanno inoltre dimostrato i suoi effetti benefici nei pazienti oncologici; in generale la molecola è in grado di migliorare la condizione del paziente. Prima di assumere il composto si raccomanda di informare il proprio medico di base.