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La sindrome di Goodpasture è una malattia a patogenesi autoimmune e dalle cause sconosciute, che colpisce i reni e l’apparato respiratorio.

Rientra tra le malattie rare riconosciute dall’Istituto Superiore di Sanità.

 Si tratta di una delle patologie maggiormente debilitanti ma, soprattutto, di una condizione che, se non trattata, può avere esito fatale a causa della sintomatologia che provoca.

 Le terapie che oggi vengono utilizzate per mantenere lo stile di vita dei pazienti sono diverse, e in questo articolo ci concentreremo sull’utilità, oltre che delle terapie tradizionali, delle cure naturali per questa specifica sindrome.

La sindrome di Goodpasture: cos’è e quali sono i sintomi La patologia è causata dall’attività dannosa di anticorpi che bersagliano alcune strutture specifiche dell’organismo, nota come autoimmunità, che può comparire in qualunque momento della vita.

La struttura besagliata è la membrana basale glomerulare, che si trova nei reni ma, a causa della somiglianza con le strutture polmonari, insorgono sintomi anche a carico di quest’organo.

Per quanto in alcune forme si possa selettivamente un coinvolgimento solo polmonare o solo renale, nella maggior parte dei casi la malattia coinvolge entrambi gli organi con sintomi bene evidenti: 

  • Lato polmonare si riscontra tosse con sangue, dolore toracico e mancanza di respiro, dovuti alla forte infiammazione che può rompere i capillari sanguigni, e causare la presenza di sangue nel polmone con conseguenti difficoltà respiratorie;
  • Lato renale abbiamo la presenza di sangue e proteine nelle urine, oltre a gonfiore degli arti, del viso e ipertensione.

Questi sintomi sono dovuti all’interruzione della funzionalità renale: poiché il rene è l’organo che si occupa di controllare la pressione, un suo malfunzionamento ne causa un innalzamento costante.

Inoltre l’infiammazione ai reni causa la discesa del sangue e delle proteine che vengono filtrate (normalmente non dovrebbero) all’interno delle urine.

Le cause, come già accennato, ad oggi non si conoscono, per cui non abbiamo un’idea precisa del perché questa patologia compaia, anche se sembra che una base importante possa essere genetica, in quanto è molto più diffusa tra le persone in Nuova Zelanda rispetto al resto del mondo.

La terapia tradizionale per la sindrome di Goodpasture La sindrome, se non trattata, ha generalmente un esito fatale, perché i sintomi diventano così gravi da essere incompatibili con la vita.

 È per questo motivo che le terapie tradizionali seguono due strade diverse (a parte il controllo dei sintomi stessi): 

  • Gli immunosoppressori sono farmaci che abbassano il funzionamento del sistema immunitario, bersagliando soprattutto i linfociti che producono anticorpi (la causa vera e propria della patologia) e in questo modo riducendo l’attacco, e di conseguenza i sintomi.

 Questi farmaci a volte vengono limitati nell’uso a causa degli effetti collaterali considerevoli;

  • La plasmaferesi, una terapia non farmacologica che si basa sul prelievo del sangue, la sua centrifugazione e la successiva reimmissione all’interno dei vasi sanguigni.

 Questo processo, piuttosto lungo, è necessario perché la centrifugazione separa le parti pesanti del sangue (globuli rossi e bianchi) da quelle più leggere (il plasma).

Le prime vengono reimmesse nel sangue mentre le seconde, che contengono anche gli anticorpi che contribuiscono alla generazione della malattia, vengono lasciate fuori, andando di fatto a togliere gli anticorpi che causano la patologia.

In casi estremi, in particolare di compromissione renale, si prende in considerazione la strada del trapianto d’organo.

 L’importanza del supporto naturale I supporti naturali che sono d’aiuto in questa sindrome, sono prevalentemente di due tipi e hanno lo scopo di migliorare lo stato sintomatico: 

  • Il primo trattamento che si può utilizzare è basato sugli immunostimolanti come AHCC, che hanno l’effetto di stimolare il sistema immunitario.

Tuttavia non viene stimolata la parte del sistema immunitario che produce anticorpi (immunità specifica), ma quella che protegge l’organismo dalle cause esterne, qualunque esse siano (immunità aspecifica), senza attaccare specificamente alcuna struttura.

Questo permette soprattutto di evitare alcuni degli effetti collaterali dei farmaci che bloccano tutte le funzioni del sistema immunitario, lasciando così il corpo “scoperto” nei confronti di eventuali aggressioni da parte di patogeni esterni, anche di “patogeni opportunisti”, che in un organismo sano non causerebbero problemi.

  • Il secondo trattamento si basa sull’aggiunta di antiossidanti idrosolubili, il più frequente dei quali è la vitamina C.

L’infiammazione causata dagli anticorpi porta ad uno stress ossidativo all’interno dell’organo, che peggiora ulteriormente la situazione.

Riuscendo ad evitare questo stress, diventa possibile limitare i danni causati dall’infiammazione stessa, e ridurre soprattutto il dolore e i sintomi più gravi.

Questo tipo di integrazione naturale va nella stessa direzione della terapia farmacologica, ovvero cercare di diminuire gli effetti della patologia sui singoli organi



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