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Il Klebsiella pneumoniae è uno dei batteri più comuni che si possono trovare nell’organismo dell’essere umano.

Tipicamente asintomatico a livello intestinale, può diventare pericoloso se, per qualche motivo, penetra nell’organismo per via polmonare.

Il Klebsiella è un batterio che si accumula nella sporcizia, spesso a causa di pratiche igieniche non corrette e può essere inalato finendo nei polmoni.

Ad aumentare le probabilità di contrarre la polmonite da Klebsiella ci pensano i sistemi di circolo d’aria, come i condizionatori, gli ambienti malsani e i luoghi chiusi in genere.

Inoltre la polmonite da Klebsiella è una delle infezioni che più comunemente si possono contrarre nelle strutture sanitarie.

Questo tipo di polmonite non è difficile da curare, perché la terapia antibiotica solitamente riesce ad uccidere il microrganismo.

 Tuttavia si possono verificare delle complicazioni, soprattutto dovute a: 

    • ceppi resistenti: la Klebsiella si suddivide in diversi ceppi, alcuni più resistenti agli antibiotici di altri;
    • immunocompromissione dell’organismo: in presenza di malattie concomitanti, problemi cronici, infezioni da virus immunosopressivi (HIV) o chemioterapia, l'infezione viene agevolata dalla mancanza di un sistema immunitario reattivo e diventa più difficile da contrastare.

Nei casi in cui l’infezione da Klebsiella si cronicizza, gli antibiotici non risultano più efficaci.

Per rafforzare il sistema immunitario compromesso, possono essere d’aiuto le terapie immunostimolati con sostanze nutraceutiche.

Un interessante studio scientifico ha mostrato come l’organismo può diventare più resistente alle infezioni da Klebsiella grazie alla somministrazione di AHCC, un alfa glucano immunostimolante estratto dal fungo Lentinula edodes.

Azione di AHCC nei casi di infezione da Klebsiella pneumoniae

La ricerca più importante sugli effetti della somministrazione di AHCC sul batterio Klebsiella Pneumoniae è di tipo pre clinico, svolto su animali da laboratorio che, come la maggior parte dei mammiferi, sono sensibili a questo tipo di infezione polmonare.

I murini sono stati suddivisi in due gruppi ed infettati sperimentalmente con il batterio.

Ad uno dei due gruppi è stato somministrato l’AHCC mentre all’altro, detto gruppo di controllo, no.

La risposta dei murini all’infezione è stata misurata attraverso il dosaggio degli anticorpi specifici contro il Klebsiella: più sono numerosi e più la risposta dell’organismo è forte.

La salute dei murini che hanno assunto l’AHCC per contrastare il batterio è risultata pari a quella dei murini sani, che non hanno contratto l'infezione.

I murini del gruppo di controllo, invece, hanno manifestato la risposta tipica di un animale malato: i sintomi principali dell’infezione, una scarsa capacità di tenere a bada la proliferazione batterica e un recupero molto lento dopo la guarigione.

Inoltre, valutando i murini che hanno sviluppato, oltre alla polmonite, anche la batteriemia, che si verifica quanto l’infezione si è diffusa anche al sangue, si è notato come solo nel 15% dei murini trattati con AHCC ha avuto difficoltà di ripresa, contro il 40% dei murini che non ha ricevuto il trattamento con la molecola fungina.

I risultati ottenuti dallo studio hanno permesso di comprendere che, senza dubbio, l’uso di AHCC nei casi di infezione da Klebsiella supporta il sistema immunitario a contrastare l’azione infettiva del batterio.

Poiché sia il meccanismo di azione di AHCC sia lo sviluppo dell’infezione da Klebsiella sono simili nell’uomo e nel murino, con tutta probabilità questo modello di trattamento potrà essere applicato anche all’essere umano, anche se saranno necessari ulteriori studi per comprenderne la reale efficacia.

La molecola di AHCC è utile soprattutto nelle infezioni acute causate dal Klebsiella, in cui agisce sul sistema immunitario compromesso, rafforzandolo contro l'infezione.

Lo studio non ha invece valutato l’impatto di AHCC sulle infezioni croniche.

L’effetto di AHCC sul batterio è certamente importante e, considerando che la molecola pare essere in grado di modificare notevolmente l’andamento della malattia, la si può considerare un’ottimo coadiuvante delle terapia antibiotiche per il suo trattamento e, magari, anche per la terapia di altre infezioni batteriche per le quali non sono sufficienti i metodi di cura tradizionali



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