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Il carcinoma prostatico, più comunemente conosciuto come cancro alla prostata, è una delle patologie più gravi, ma anche più comuni, tra quelle che riguardano l’apparato riproduttore maschile.

Colpisce principalmente gli uomini over 50 e, se non curato, può rivelarsi letale soprattutto per la sua tendenza a formare metastasi in organi vitali come il fegato oppure i polmoni.

Fortunatamente oggi è possibile di effettuare dei test di screening specifici per il tumore della prostata, eseguiti per mezzo di un prelievo venoso, che rilevano precocemente la presenza del tumore, ancora poco pericoloso e di piccole dimensioni.

Ciò consente un monitoraggio del tumore fin dalle fasi iniziali e di evitare trattamenti invasivi come la chirurgia e la chemioterapia, se la sua crescita non è particolarmente veloce.

Lo screening si basa sulla ricerca di un antigene prodotto dalla prostata e presente nel sangue, detto PSA, Antigene Prostatico Specifico o anche Semenogelasi.

Generalmente questo enzima si trova nel sangue in piccolissime quantità ma, in alcuni casi, come in presenza di ipertrofia prostatica benigna o, appunto, di carcinoma prostatico, ne aumenta di valore.

La possibilità di individuare le neoplasie prostatiche in fase iniziale, quando possono ancora essere curate, ha aperto alla ricerca di metodi per stabilizzare questi tumori bloccandone la crescita, permettendo così ai pazienti di continuare a condurre una vita normale, ancorché sotto osservazione costante.

Uno di questi studi è stato effettuato per mezzo della somministrazione di AHCC, molecola naturale estratta da un fungo che cresce spontaneamente in Giappone, la Lentinula edodes, conosciuto comunemente come Fungo Shiitake.

I risultati clinici dello studio sono stati incoraggianti: per misurare l’efficacia del trattamento è stato valutato il valore di PSA nel sangue dei pazienti durante e dopo la fine del trattamento con AHCC.

Lo studio sulla somministrazione dell’AHCC nel trattamento del tumore prostatico

L’efficacia dell’AHCC nel trattamento del tumore prostatico è stata dimostrata da uno studio scientifico eseguito in Giappone su un gruppo di 74 pazienti malati di carcinoma prostatico.

Il carcinoma è stato diagnosticato precocemente grazie al test di screening basato sulla rilevazione del valore del PSA.

Lo studio ha sottoposto i soggetti ai trattamenti previsti all'interno di un protocollo comunemente applicato negli stadi iniziali di carcinoma prostatico: prima di effettuare una chirurgia o una chemioterapia per il cancro alla prostata, si sottopongono i pazienti con neoplasie piccole ad un periodo di sorveglianza attiva e, nella fattispecie, della durata di 6 mesi per 34 pazienti e di 12 mesi per 40 pazienti.

Il protocollo, infatti, prevede che, nei casi in cui la crescita è lenta o, addirittura, assente, non vengano effettuati trattamenti invasivi: nelle persone anziane, maggiormente colpite dalla neoplasia prostatica, una chirurgia o una chemioterapia hanno rischi non trascurabili.

Al contrario sono indicate e incoraggiate le terapie che hanno lo scopo di stabilizzare le neoplasie e impedirne la crescita.

Ai pazienti inseriti nel programma di studio è stato somministrato AHCC ad un dosaggio di 4,5 grammi al giorno per la durata dello studio (variabile dai 6 ai 12 mesi vedi sopra) per stabilire se l’integratore potesse avere degli effetti benefici.

Bisogna considerare che durante il periodo di osservazione (senza AHCC), al termine del trattamento con le terapie tradizionali, in cui normalmente si verifica un abbassamento dei livelli di PSA (indice di minor crescita del tumore), il valore di PSA aumentava di nuovo, per tornare al valore che il paziente aveva prima del periodo di osservazione, in media, dopo 6 mesi.

Nei pazienti trattati con AHCC, al termine del trattamento, si è verificata una maggiore diminuzione del valore di PSA circolante e il tempo di risalita del valore è stato maggiore rispetto ai pazienti che non avevano mai assunto AHCC.

Per la precisione:

 - Il 39% dei pazienti è tornato ai valori di PSA che solitamente si registrano dopo 6 mesi solamente dopo 12 mesi dall’interruzione del trattamento;

 - Il 55% dei pazienti è tornato ai valori di PSA che solitamente si registrano dopo 6 mesi dopo ben 24 mesi di trattamento con AHCC;

 - I rimanenti pazienti hanno mostrato un andamento del valore del PSA pari a quello dei pazienti non trattati con AHCC.

 

I risultati dello studio fanno quindi concludere che il trattamento con AHCC del cancro alla prostata nelle fasi iniziali, combinato con i farmaci tradizionali, ha un’azione importante nella stabilizzazione della neoplasia contribuendo, in alcuni casi, a fermarne la crescita.

Lo studio effettuato ha riguardato solamente pazienti che si trovavano nello stadio iniziale della neoplasia.

Dall’altro lato, invece, non ci sono dati certi né sul meccanismo d’azione con cui l’AHCC stabilizzerebbe il cancro alla prostata (anche se ci sono indizi sull’azione attiva dell’AHCC in altri tipi di neoplasia epiteliali, per cui i meccanismi potrebbero essere sovrapponibili) né sugli effetti dell’integratore sul cancro alla prostata in stadi più avanzati.

In quest'ultimo caso sono richiesti ulteriori studi per stabilire se l'AHCC possa avere effetti benefici sui pazienti, impedendo che la malattia possa progredire rallentandone la crescita.

FONTE



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